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Il credo della pace

di George Marshall. Traduzione ed Echi traduttivi a cura di Giovanna Scocchera. L’attualità di Marshall a cura di Vittorio Emanuele Parsi.

Editore: eum edizioni università di macerata Collana: Prolusioni
pp. 107 ISBN: 978-88-6056-869-4
ed. 2023
Formati: 10,5X14,7
Prezzo: € 11.00
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Tenente colonnello responsabile delle operazioni della prima divisione delle truppe americane in Francia durante la Prima Guerra Mondiale, Capo di Stato Maggiore nella Seconda Guerra Mondiale, ambasciatore in Cina inviato dal Presidente Truman per mediare un accordo tra il nazionalista Chiang Kai-shek e il comunista Mao Zedong, Segretario di Stato e padre del famoso Piano Marshall per la ricostruzione dell’Europa post-bellica, Segretario alla Difesa durante la Guerra di Corea, Premio Nobel per la pace… George Catlett Marshall, parlando di sé si definisce semplicemente “un soldato”. E lo fa, nella prolusione contenuta in questo volume e che pronuncia nel 1953 in occasione del Nobel, con un piglio di austero candore commisto a ironia, accennando ai commenti poco benevoli di tanti che avevano inarcato le sopracciglia alla notizia di quel riconoscimento per la pace dato per l’appunto a un soldato. Ma, come lui stesso spiega, chi meglio di un soldato conosce gli orrori della guerra, tanto da voler poi fare il possibile per scongiurarla? Chi meglio di un soldato sa che la solidarietà è il bene più prezioso e che l’efficienza del comando, la competenza tecnica e la rigorosa pianificazione sono fattori essenziali per il successo di qualsiasi grande impresa? Note erano le asperità del suo carattere, che anziché nuocergli lo fecero al contrario apprezzare sia da Roosevelt sia da Truman. Noto è il soprannome di “mago” che gli valse la sua ingegnosità organizzativa. Nota la dottrina che da lui prese il nome e che segnò una radicale svolta nella politica americana – era il 5 giugno 1947 e Marshall si rivolgeva alla comunità accademica dell’Università di Harvard per spiegare la necessità che l’America, geograficamente così lontana, si facesse prossima all’Europa nell’ora più desolata. Intervento tecnico, asciutto, programmatico, ma non privo di pathos, riproposto anch’esso qui in traduzione italiana. Noto infine il suo scontro con Churchill sull’attacco all’isola di Rodi (“Non morirà nemmeno un soldato americano su quella dannata spiaggia”). Un Churchill del quale ammirava a tal punto le doti oratorie da sentirsi inadeguato al confronto, come lui stesso confesserà a Stoccolma.